COSA CI RACCONTANO I MITI

29.01.2015 17:05

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Chi non ha mai letto o sentito parlare del mito di Edipo o della celebre tragedia dell’ Edipo re di Sofocle? All’interno di questo articolo la vicenda di Edipo ci accompagnerà alla scoperta della cultura umana: il capro espiatorio, vittima al servizio della società.
Il mito di Edipo può anche essere finzione ma ciò che ne viene fuori dalla sua lettura è una società di persecutori che stanno cercando il loro capro espiatorio. L’interpretazione di Renè Girard del mito di Edipo è legata alla sua teoria sull’origine della cultura umana: il sacro dalla violenza mimetica. Alla base delle relazioni umane vi è lamimesis, ovvero l’imitazione dell’altro: ciascun soggetto desidera solo ciò che un altro soggetto gli indica come oggetto del desiderio. Questa dinamica sociale corrisponde al “desiderio triangolare”[1], in cui i due soggetti desiderano lo stesso oggetto e cominciano ad odiarsi, diventando rivali. Tale meccanismo sfocia nell’imitazione violenta e si diffonde proprio come un contagio, dando luogo alla crisi mimetica che può portare alla distruzione dell’intera comunità. L’unico modo per bloccare la crisi è convertire la violenza reciproca su uno solo, la vittima espiatoria in base a un segno vittimario che può essere fisico e morale. Edipo è stato accusato di parricidio e incesto con la madre, ma allo stesso tempo è zoppo ed è straniero. Edipo è la vittima perfetta.  Scacciato il male con l’espulsione o l’uccisione del capro espiatorio, la comunità torna al suo normale equilibrio e la vittima che prima aveva subìto il transfert negativo, ossia si credeva che avesse causato il male, ora subisce il transfert positivo, riporta la pace e l’ordine sociale, diventando la divinità protettrice della comunità. A partire da questo evento prodigioso nasce la religione, come organizzazione simbolico - culturale preposta al controllo della violenza mimetica attraverso riti periodici in cui si mette in scena l’espulsione del capro espiatorio con un sacrificio.
Nella tragedia dell’Edipo re la città di Tebe era stata invasa dalla peste e i cittadini vanno in cerca di un capro espiatorio su cui addossare la responsabilità. Il coro, protagonista della tragedia, è apparentemente una pia invocazione agli dèi, in realtà è una massa di persone arrabbiate, bramose di violenza. La danza è la caratteristica che contraddistingue il coro sulla scena e chi danza è in uno stato di agitazione che fa paura. In “Totem e Tabù” Freud sostiene che il coro sembra piangere per l’eroe ma in realtà è la massa che lo uccide: in Edipo re il coro lo supplica e poi lo accusa. Non è l’accusa di incesto e di parricidio a causare la colpevolizzazione di Edipo, ma di essere diverso rispetto alla folla, mostrando segni di minoranza. Motivo per cui in un momento di crisi sociale la maggioranza stermina una minoranza: tutti contro uno. Nel quadro teorico di Renè Girard il mito è una riproduzione simbolica del processo di vittimizzazione. La peste di Tebe non è nient’altro che il carattere collettivo e contagioso della crisi mimetica: tutti cominciano a fare le stesse cose e diventano rivali violenti. Solo l’espulsione dello pseudo – colpevole porterà equilibrio e differenza tra i ruoli nella comunità.

 



[1] Renè Girard, “Menzogne romantiche e verità romanzesca”, Bompiani.

 

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